Da più di dieci minuti Rachel picchiava senza sosta contro le persiane di legno del vecchio cottage di nonna a Block Island.
«Tom, apri o sfondo la porta. Sai che ne sono capace!».
Con la sua camicia stretta in vita, la giacca di pelle e gli occhiali da sole sulla testa, Rachel aveva l’espressione infuriata tipica delle giornate storte.
Mentre assestava un calcio alla porta di ingresso non si capacitava di essere arrivata fino a quel punto e tanto meno che suo fratello si fosse ridotto un rottame per una donna.
All’inizio aveva creduto, o meglio sperato, che il tempo facendo il suo corso avrebbe guarito le ferite della separazione, invece, lungi dal risolversi, la crisi da rottura era progressivamente peggiorata. Dopo aver gettato in faccia il suo cappello da capo chef ad un giovane stronzetto hipster tuttologo del cibo e accanito recensore di tripadvisor, e successivamente essersi rintanato in quella vecchia casa, la situazione si era ulteriormente aggravata nel momento in cui aveva firmato le carte del divorzio con le quali aveva reso libera Wendy di vivere alla luce del sole la nuova storia con l’istruttore di fitness che l’aveva rimessa in linea.
«Te lo chiedo per l’ultima volta, Tom: lasciami entrare!».
Nessuna risposta sopraggiunse oltre l’uscio. Bastardo, pensò stringendo i pugni assestando un ulteriore calcio alla porta.
«E va bene, te la sei cercata», minacciò, togliendosi la giacca.
Le restava un unico modo per riconquistare la casa e strangolare quella testa di cazzo che portava il suo stesso cognome. Come da ragazzina si sarebbe arrampicata per la grondaia del portico fino alla camera da letto. Lo aveva fatto un migliaio di volte per fuggire al coprifuoco di nonna nelle lunghe estati in cui veniva esiliata su quell’isola a trascorrere le vacanze.
Tuttavia l’elasticità del corpo da adulta non era più la stessa di quando aveva quindici anni. Tentò almeno dieci volte di issarsi lungo il tubo, ma sembrava più grande di quanto ricordasse e scivolava ogni qualvolta raggiungeva un quarto del tragitto, oltretutto gli stivali con i tacchi non erano prettamente idonei per un attività del genere.
“Fanculo il pilates”, mormorò.
Abbandonata l’idea di ritrovarsi con le ossa rotte, rassegnata si sedette sui gradini del portico. Tom era in casa, ne era sicura. La sua auto era parcheggiata nel vialetto e l’odore di caffè era il segno di un’attività recente all’interno della casa e presto o tardi avrebbe aperto.
“Lo so che sei in casa, aprimi ti prego”, disse un’ultima volta. Gli inviò anche un messaggio al cellulare seguito da una emotion triste con lacrima.
Per stemperare l’attesa si accese una sigaretta lasciandosi andare ai ricordi che quel luogo evocavano nella sua mente. Estati di allegria, manicaretti di nonna, dormite fino a tardi, bagni, sole e meravigliosi temporali durante i quali ammirava dalla finestra del sottotetto il mare trafitto dai fulmini. E immancabile, dopo quei piacevoli ricordi di spensieratezza e innocente felicità, un dolore sordo si fece varco nel corpo sotto forma di una stretta allo stomaco. Preferì ricacciare quel dolore con una lunga boccata di sigaretta esorcizzando il mostro e non cadere dentro il vortice dei soliti pensieri paralizzanti. Fanculo, pensò. Ogni qualvolta la memoria le portava briciole di ricordi felici, immancabili sopraggiungevano poi i tasselli lasciati dalla sua rovinosa storia con l’innominabile pezzo di merda che le aveva tolto i risparmi di una vita lasciandola con un cuore rotto e avvinta dalla rabbia.
Un giro di chiave nella serratura allontanò il malessere e gettata la sigaretta si alzò in piedi pronta al confronto con il fratello derelitto.
“Immaginavo che presto o tardi saresti arrivata”, disse Tom alle sue spalle.
“Testa di cazzo”, disse squadrandolo da capo a piedi. Inorridì davanti al corpo ora esile di suo fratello. Doveva aver perso almeno dieci chili, e mentre il giro vita si era assottigliato, una barba mai vista sul suo volto si era spinta oltre il pomo d’Adamo. Tom Hanks in Cast Away a confronto con quell’essere sembrava un adone.
“Fai schifo!”, aggiunse Rachel dopo la rapida anamnesi corporea. “Si può sapere che cosa stai combinando?”.
“Niente!”, disse lui senza alcuna remora.
“Niente??!!”, borbottò lei scuotendo la testa avvinta.
“Mi fa piacere rivederti acciughina”, disse allargando le braccia per raccoglierla a sé come faceva sempre.
“Coglione”, borbottò oltrepassando la porta spintonandolo per farsi largo.
Rachel si diresse verso la grande finestra affacciata sulla baia con tutta l’intenzione di spalancarla. L’aria era irrespirabile in quella casa.
“Vuoi un caffè?”, chiese Tom.
“Sì”, borbottò Rachel.
Sconsolata si buttò sul divano ed incrociò le braccia al petto. Doveva stare calma.
Tom ritornò dalla cucina con due tazze offrendone una a Rachel.
“Puoi andare a metterti qualcosa? Ti chiederei di farti una doccia, ma dobbiamo parlare e non ho molto tempo”. I boxer che aveva addosso parlavano da soli.
Tom scomparve al piano superiore e Rachel con la tazza tra le mani rimase a fissarsi nello schermo nero del televisore dopodiché dopo un sorso diede un’occhiata allo schifo che la circondava. Trattenne se stessa dal mettersi all’opera per sistemare. Sapeva bene che una volta uscita da quella casa, tempo due ore l’ambiente sarebbe tornate il porcile che era. Scrutando il tavolino colmo di avanzi di cibo e schifo vario si sorprese nello scorgere alcuni libri sparsi. Tom non era mai stato un gran lettore. La sua massima evasione era sempre stata cazzeggiare davanti al computer e mangiare. Curiosa acciuffò il primo a portata di mano per leggerne il titolo.
Ti amo da sempre
Corrugò la fronte e spostando un cartone della pizza logoro prese un secondo volume.
Il destino è noi due
Poi lesse gli altri titoli che svettavano sopra le copertine: L’amore bussa alla porta; Cercavo te; Trovato te; Mi manchi tu; Amami ancora; Furiosa d’amore…
Rachel si chiese se per caso Tom fosse sotto effetto di droghe. Da quando leggeva quei libri? C’era da presumere che fossero della ex-moglie.
“Mi faccio una doccia”, urlò Tom dal piano di sopra.
“Ti ho detto che non ho molto tempo”, rispose lei.
“Faccio in un attimo”.
Nell’attesa riprese in mano il libro dal titolo “Ti amo da sempre” e lesse la prima pagina, terminata la quale dopo una smorfia di disapprovazione scorrendo con il pollice raggiunse l’ultima pagina per leggere le battute finali. Bene, pensò, una volta chiuso il libro. Un bacio, una promessa e l’orizzonte ad attenderli. Un’altro e vissero felici e contenti.
Tom riapparve in soggiorno con indosso una maglietta bianca e un paio di jeans che sembravano puliti. Si sedette nella poltrona accanto al divano e accese la televisione. Rachel subito gli strappò il telecomando dalle mani per spegnerla.
“Ascolta, ho poco tempo!”.
L’espressione di Tom si fece rassegnata e Rachel si innervosì.
“Vedo che ti sei dato alla lettura…”, disse sventolando il libro.
“Quello non mi è piaciuto”, rispose lui.
“Mi chiedo perché!? Da quando leggi questa roba?”, chiese curiosa.
Tom scrollò le spalle indifferente. “Ero curioso, e comunque quella storia non ha senso”.
“Come tutte le storie scritte in questi libri”, commentò lei.
“Già… Chi scrive quella roba non sa un cazzo dell’amore…”.
Rachel si trattenne dal fare una disquisizione in merito alla tipologia di libri schierata davanti a lei. Dopo la fine della storia con il pezzo di merda aveva smesso di leggere anche i cartelli stradali pur di non piombare nelle crisi esistenziali. Si era autoconcentrata mettendo al bando la fantasia, l’evasione e le storie irreali per dedicarsi a quello che non la faceva pensare. Contabilità, far quadrare bilanci. Spuntare numeri, rendere renumerativi gli investimenti e trarre profitto dove possibile.
“Lo penso anche io”, disse laconica.
Il calzino di Tom bucato sul pollice fece inorridire Rachel. Era a pezzi. Un uomo distrutto, ed in cerca di un senso della vita.
“Perché se conosci davvero l’amore e la sofferenza che porta con se non ne scriveresti per niente. Avresti una sorta di decenza nel trattare i sentimenti. Non esiste….”.
Rachel annuì. Si accese una nuova sigaretta e così non dover rispondere. Era più saggio lasciarlo parlare. Aveva bisogno di scaricare la rabbia addensata in lui.
“Non sanno un cazzo di amore!!”, sottolineò il concetto con più veemenza. Rachel fece una boccata e annuì di nuovo. “Sono solo delle casalinghe, sicuramente stronze e represse in una vita farlocca. Sai, se leggi le loro biografie scopri che sono tutte felicemente sposate da anni, con figli, cani e gatti. Che cosa ne sanno loro di amori se si sono accasate con il primo stronzo di turno. Sono sicuro che se si presentasse un bel maschione di cui raccontano nei loro libri mollerebbero il marito. Ipocrite. Sai che Wendy passava giorni e giorni a leggere questi libri di merda?”, ne afferrò uno e dopo averlo trastullato tra le mani lo lanciò contro il muro. Rachel annuì ancora senza proferire parola. “Avrei dovuto capirlo subito che si era trovato un altro… Troia! Aveva smesso di leggere, il segno inequivolcabile che si era trovato uno in carne ed ossa a sbatterla. Uno travestito da uomo”.
Rachel a quel punto guardò il fratello con profonda tristezza. Ora le era chiaro il motivo della presenza di una biblioteca di romanzi rosa sul tavolino del soggiorno. Era nella crisi del mal d’amore. In cerca di una risposta al fatto che Wendy avesse scelto un tizio che rappresentava perfettamente un maschione dai muscoli scolpiti e l’immancabile sorriso a mille denti. Il contrario di Tom che oltre ad essere sempre stato in sovrappeso era un uomo senza troppe pretese. La sua autostima da uomo ordinario con il tradimento di Wendy si era ridotta allo zero assoluto al contrario dell’incazzatura che aveva superato la soglia di un numero all’infinito. Provò una grande compassione, ma sinceramente era più preoccupata che lo stato mentale di suo fratello non si ripercuotesse anche sulla sua di vita. Faticosamente ricostruita giorno dopo giorno.
“Senti Tom, sono qui per il ristorante. E’ ora che torni al lavoro. Oscar non è in grado di gestire la cucina e i clienti da quando sanno che non ci sei stentano a presentarsi e non so più che scuse inventarmi. Sono quattro mesi”.
“Non cucinerò mai più!”, sentenziò lui.
“Tom”, disse lei con fare gentile.
“Rachel, quello non è più il mio posto. Non ho più voglia di cucinare. Fa schifo l’ingordigia della gente. Fagocitano tutto e poi cagano e nemmeno al cesso. No! In rete. Nel nuovo mondo. La ristorazione ormai riempe solo pance di saccenti. Il significato di riunirsi a tavola non ha più senso al giorno d’oggi”.
“Se per questo non ha senso niente a ben vedere, ma… è questa la realtà in cui viviamo e non esiste una via di fuga. Riempi pance ingorde e saccenti per un solo motivo, Tom. Sempre lo stesso. I soldi, Tom, i soldi per vivere e mangiare a tua volta”.
Non esisteva un’alternativa a questo mondo ed era inutile cercarla.
“La gente è solo una massa malassortita, un blob che cresce. Siamo tutti dentro in una grande valanga di merda”, mormorò lui con un piglio di disprezzo.
“Come faccio con i dipendenti?”, chiese Rachel cercando di farlo tornare a problemi più contingenti e meno ancestrali. “Se gli affari vanno male non avrò liquidità per pagarli”, aggiunse.
“Trova un’altro cuoco allora, rileva la mia quota e cerca un nuovo socio. Io non torno più, poi tra una settimana parto per un viaggio”, disse alzandosi.
“Che viaggio?”, chiese stupita, “E dove vai?”.
“In India”, disse mostrandole una brochure.
Rachel roteò gli occhi al cielo e scosse la testa delusa.
Si chiese dove fosse nata questa bella idea di andarsene in India. Non era da lui. Nella sua vita aveva varcato il confine di New York solo per venire a Block Island.
“In India? Tom! Ti prego! Ma se non ha mai lasciato lo Stato di New York. Come ti è venuto in mente?”. Fu allora che dal tavolino notò sotto una vassoio da asporto ammuffito la copertina del famoso bestseller per pseudo femministe che qualche anno prima aveva illuminato donne ad abbandonare la propria esistenza per cercare la felicità e sorrise.
“Fammi indovinare, poi andrai anche a Bali? Vai a meditare sulle tue disgrazie e trovare l’illuminazione… ? Tanto sarà una nuova illusione!”, disse Rachel recuperando il libro per sventolarlo. “Sai, la tizia che ha scritto questo libro dopo aver praticamente ipnotizato il mondo con il suo prega, mangia, ama e ridi, canta, e piangi ed eccetera, dopo aver illuso milioni di persone che attraverso la ricerca della felicità un uomo alla fine lo trovi, sai cosa fa’ adesso? Be’ ha mollato il tipo figo brasiliano e si è data alle passere”.
Tom prese il libro tra le mani per guardare la quarta di copertina. “Davvero?”, chiese stupito.
“Sì, proprio così”.
“Non importa, avrà avuto le sue ragioni. Uno è libero di cambiar idea”.
E certo che avrà avuto le sue ragioni per cambiare, di nuovo, drasticamente la sua vita… pensò Rachel. Forse perché era un’insoddisfatta cronica? Il punto era che suo fratello aveva visto una via di fuga identica a quella. Percorrere il tunnel della ricerca infinita.
“Piuttosto vai in Thailandia no? Almeno trovi da scopare e la serotonina si innalza. Di sicuro la reazione chimica riattiverà il cervello e otterrai il medesimo risultato. Di nuovo in forma”.
Tom corrugò la fronte. “Non mi ero mai accorto di quanto fossi diventata stronza e cinica”.
Rachel sbuffò. Le dava fastidio essere associata ai cinici perché lei non si sentiva per niente cinica. Non era un tipo indifferente ai sentimenti e alla morale comune, non era priva di sensibilità. Aveva una comprensione profonda dei sentimenti che guidavano le persone, e proprio per questo non se la sentiva di giustifcarli. Ma decise di sorvolare. Suo fratello era in preda al delirio da esistenza inclinata.
“Per la gente comune sono cinica, per chi è minimamente evoluto sono semplicemente una realista. Ma poi, dico, che stereotipo comune è andare in India a ritrovarsi? E’ dagli anni settanta che la gente vola in India in cerca di sé e non mi pare sia avvenuto un gran risveglio a parte nuove e mirabolanti tecniche psicologiche/manipolative a cui aggrapparsi. Tom, sei vecchio per queste cose. Andava bene nel secolo scorso. Cosa credi di trovare? Sorrisi, benedizioni di compassione, pace, amore universale, pensi che la tua vita cambierà? Ti sbagli. Prima capisci che sei solo un criceto su una ruota che gira all’infinito e sempre allo stesso modo, meglio sarà. Svegliati Tom! Puoi ritrovarti anche qui, dove già stai. Deve solo trascorrere del tempo, devi ricalibrarti. Esistono tanti centri di meditazione anche qui”.
“Ho già comprato il biglietto non rimborsabile e versato la quota di prenotazione. E voglio cambiare aria! Anche se non mi ritrovo almeno mi faccio una vacanza. Sai da quanto non vado via?”.
“Sì! Dal secolo scorso, appunto”, rispose Rachel seccata. “Ci manca solo che mi torni vegano. E comunque il problema resta. Come faccio a gestire la tua assenza, il ristorante funziona perché ci sei tu dietro ai fornelli?”.
“Trovati un cuoco ambizioso, Rachel. E’ pieno il mondo di cuochi. Trova la stella nascente, guarda qualche talent show e seleziona uno per fargli una proposta. Se trovi quello giusto, magari giovane e con volontà per dieci anni sei sicura che lavorerà sodo, poi… il tempo cambierà anche lui”.
“Tom, quello è il ristorante di mamma e papà, della nostra famiglia e non mi va di prendere estranei e soprattutto qualcuno di un talent”.
“Ma chi se ne frega Rachel”, tuonò. “Papà e mamma sono morti, noi tra un po’ anche, pensi che me ne freghi qualcosa. Non ho nemmeno figli. Cosa vuoi che me ne freghi. Anzi sai cosa dovremmo fare? Vendere il ristorante ora che dilaga il pornofood. Sono sicuro che ci pagheranno vagonate di soldi per subentrare e spacciare nuova ed esaltante cucina dei sensi. Pensaci. E’ il momento giusto”.
“Senti testa di cazzo, io capisco il tuo stato, ti giuro, dal profondo del cuore, e so cosa stai attraversando, ma adesso ci sono cose più importanti e mollare tutto non….”.
“Cosa? Cosa può essere più importante di me? Ti rendi conto di cosa mi stai dicendo. Io non so più chi sono e non posso più stare così. Il ristorante era una cosa di mamma e papà, un loro frutto e io… ”.
“E lo siamo anche noi”, intervenne lei.
“Rachel! Non ce la faccio a tornare dieci ore dietro i fornelli. A sfilettare pesce, rosolare e settacciare ceppi di insalata per eliminare quelle leggermente danneggiate e soprattutto incazzarmi per un impiattamento perchè in sala c’è qualche coglione che vuole fotografarlo e se trova un microgrammo di ragù sul piatto e non adagiato sulla cima della porzione di tagliatelle lo mangia disgustato nemmeno fosse merda e non contento appena torna a casa scrive una recensione ad una stella. Voglio fermarmi. Voglio uscire dal Luna Park, scendere dalla ruota. Rachel perdonami, ma non sono più in grado di fare nulla”.
Detto questo Tom prese il telefono seminato sul tavolino.
“Chiamo John! Ti faccio fare la procura del ristorante e avviamo le pratiche di cessione”.
Rachel restò a guardare le immagini delle copertine dei libri rassegnata. Prese quello dal titolo “Il destino è noi due” e lesse la dedica iniziale.
A mio marito Brian, tu sei il mio destino, l’orizzonte più immenso. Grazie per esserci.
Non se la sentiva di obiettare alla presa di posizione di Tom. Era la sua, sconsiderata, sbagliata oppure giusta e lei non poteva gestire le sue scelte. Sapeva che aveva bisogno di staccare. Isolarsi e ritrovarsi. Il viaggio per uccidere se stesso. Un percorso obbligato. Del resto anche lei lo aveva fatto, non aveva trovato la felicità piena, ma la serenità di andare avanti.
Prima della storia con Brandon, Rachel aveva sempre pensato che le persone determinassero la loro vita. Che fossero, attraverso la propria mente, in grado di controllare il proprio futuro, di scegliere il proprio partner, il proprio lavoro, le amicizie. Responsabili delle decisioni che condizionavano il corso della loro vita. Invece… aveva scoperto che in realtà esisteva una forza più potente di questo presunto libero arbitrio e che guidava il mondo. L’inconscio, un piccolo animale all’interno di ciascuno di noi. Un alieno presuntuoso. Sotto i vestiti, dietro le maschere, erano tutti irrimediabilmente governati dagli stessi desideri. Siano essi sbagliati, oscuri, e persino riprovevoli. Più si osservava qualcuno e più ci si rendeva conto che non erano mai chi dicevano di essere. Di fatto, in tutti gli umani vi era un segreto ben nascosto. E poteva capitare di scoprire di essere qualcun altro e far venire alla luce quel segreto nascosto. Capitava. Di solito questo avveniva quando l’innocenza veniva frantumata e le difese annientate. Così era stato per Rachel cinque anni prima, e ora anche per Tom, il quale si accingeva a conoscere quel piccolo alieno dentro di sè.
“Va bene Tom, fai il viaggio, ma per la procura vediamo quando rientri”, disse mostrandogli finalmente un sorriso.
“Grazie sorellina, ho bisogno di andarmene lo capisci?”, disse lui sedendosi accanto spossato.
“Sì!. Lo so”, disse lei.
Lo sapeva bene. Abbracciò suo fratello sapendo che del ragazzo premuroso e anche un po’ goffo con cui era cresciuta a breve non ci sarebbe stato più niente. Sperava solo che la metamorfosi di Tom fosse più breve di quella attraversata da lei.
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